Degenerazione maculare

Informazioni utili

Cosa è la degenerazione maculare

Malattia che interessa la zona più nobile della retina

Se paragoniamo un occhio ad una macchina fotografica possiamo riconoscere alcune parti (la cornea, il cristallino) deputate ad una corretta messa a fuoco dell'immagine e paragonabili all'obiettivo della macchina fotografica; è inoltre individuabile la retina che costituisce la pellicola della macchina fotografica.
La retina, struttura nervosa che ricopre all'interno l'intero bulbo oculare, non è uguale in tutta la sua estensione: è riconoscibile infatti un'area centrale, la macula, in cui la capacità di discriminazione dell'immagine (acuità visiva) è molto elevata ed un'area periferica in cui la capacità di discriminazione è molto bassa. Ciò è verificabile facilmente ad esempio leggendo un giornale: durante la lettura si ha la percezione dell'intero foglio (con la retina periferica) ma si può leggere distintamente solo ciò che si fissa con la retina centrale.
All'interno della macula, che costituisce quindi l'area centrale della retina deputata alla visione distinta, è riconoscibile la fovea che è il punto responsabile della acuità visiva massima.

Cosa sono le maculopatie?
Le maculopatie sono malattie che interessano la macula. In particolare, la degenerazione maculare legata all'età, chiamata anche maculopatia senile o involutiva, è una malattia progressiva che costituisce una causa molto frequente di riduzione e perdita della visione centrale.
Il deterioramento di questa area retinica causa una riduzione della acuità visiva anche marcata ma, essendo risparmiata la retina periferica, non si arriva alla cecità assoluta. Infatti, la retina periferica, non colpita dalla malattia, permette di conservare la visione laterale. Risulteranno difficoltosi o impossibili la lettura e il lavoro a distanza ravvicinata in genere ma, anche quando sono interessati entrambi gli occhi, il Paziente resta autosufficiente.

Cause
I motivi che comportano il deterioramento e la degenerazione del tessuto maculare non sono ancora noti.
La malattia solitamente evolve attraverso fasi successive ingravescenti. Spesso la manifestazione pi" precoce della degenerazione maculare è rappresentata dalla comparsa di piccoli depositi bianco-giallastri situati al polo posteriore (drusen).
La forma non essudativa (o secca) è il tipo più comune di degenerazione maculare senile (90% dei casi): in genere provoca una modesta riduzione visiva ed è dovuta ad una lenta e progressiva atrofia del tessuto retinico (epitelio pigmentato e fotorecettori).
Piu' rara (10-15% dei casi) ma più grave (è responsabile del 90% dei casi di grave riduzione visiva per maculopatia) è invece la forma essudativa. Tale forma è associata allo sviluppo di nuovi vasi, particolarmente fragili, che si rompono facilmente e danno luogo a perdita di siero e di sangue o che, alterando il tessuto circostante, provocano fenomeni di cicatrizzazione e distruggono la macula. La visione diviene così distorta ed annebbiata fino ad una drastica riduzione della visione centrale.

Sintomi
Nelle forme senili la malattia insorge solitamente dopo la quinta decade di vita.
I sintomi principali sono la riduzione dell'acuità visiva centrale con permanenza di quella periferica; la distorsione delle immagini per cui, ad esempio, una riga non appare più dritta; l'alterazione della percezione dei colori che possono apparire sbiaditi o deboli; la presenza di un'area del campo visivo, vicino al punto di fissazione o comprendente il punto di fissazione stesso, in cui la visione non è distinta (scotoma). L'evoluzione è molto lenta nelle forme non essudative, più rapida nelle forme essudative.

Diagnosi
Un esame molto semplice per individuare la malattia in uno stadio precoce è il test di Amsler. Si fa guardare al paziente un foglio di carta quadrettata con opportuna correzione ottica. Se fissando il punto situato al centro del foglio si osserva una distorsione (metamorfopsia) o una interruzione delle righe vuol dire che esiste un problema alla retina centrale.

La misura della acuità visiva è importante per valutare lo stato e la progressione della malattia.
La fluoroangiografia tradizionale, con verde di indocianina e, in casi selezionati, l'angiografia all'infrarosso, sono di notevole aiuto. Per eseguire questi esami, il medico inietta un colorante in una vena del braccio e poi esegue una serie di fotografie della retina e della macula; il colorante aiuta ad evidenziare le anormalità dei vasi e quindi a programmare un eventuale trattamento laser.

Terapia
Non vi è attualmente una terapia medica ritenuta efficace nel trattamento delle maculopatie "secche" o atrofiche. La terapia con antiossidanti orali può rallentare l'evoluzione della patologia.

La terapia attuale delle maculopatie essudative (con crescita di neovasi sanguigni) prevede l'utilizzo di terapie farmacologiche mirate all'inibizione del processo di angiogenesi che sta alla base della forma umida di degenerazione maculare. Si stanno impiegando diversi farmaci inibitori del VEGF (anti-VEGF) che è il mediatore chiave nel processo di neoformazione dei vasi.
La via di somministrazione è quella intravitreale tramite iniezioni intraoculari ed i farmaci più comunemente impiegati sono il Lucentis (ranibizumab), l'Eylea (aflibercept) e più raramente l'avastina (Avastin, considerato OFF-Label ovvero non autorizzato in molte regioni pur essendo efficace) ed il Macugen (pegaptanib sodico). Di solito sono necessarie più ineizioni intravitreali nell'arco di mesi/anni.

Nelle maculopatie essudative, in casi selezionati ed ormai rari, può essere intrapreso un trattamento fotocoagulativo (laser) o con terapia fotodinamica (verteporfina) combinati o meno con agenti anti-VEGF.

Il paziente deve essere informato comunque che l'obiettivo della terapia non è di migliorare l'acuità visiva, ma di impedire un ulteriore peggioramento, e che è possibile che egli noti dei difetti nel campo visivo maggiori dopo il trattamento, anche se questo ha distrutto la membrana neovascolare.
In casi selezionati può essere indicato anche l'intervento chirurgico che ha lo scopo di rimuovere le membrane neovascolari e le cicatrici in zona maculare.
Negli stadi terminali, quando non è possible alcuna terapia ed il visus è molto ridotto bilateralmente, si possono prescrivere i cosidetti sussidi per ipovedenti ovvero: lenti di ingrandimento, occhiali telescopici, circuiti televisivi chiusi. Così, le persone affette da un grave calo della visione centrale possono spesso leggere e fare qualche lavoro a distanza ravvicinata.


Domande e risposte

F.A.Q. sulle terapie per la degenerazione maculare

Tratto dal sito AMD Onlus

1. Ci sono terapie per curare la degenerazione maculare?
Per la forma umida, esistono differenti tecniche di provata efficacia: la fotocoagulazione laser, la terapia fotodinamica e l’iniezione intravitreale di farmaci che ostacolano la crescita neovascolare.

2. Come agisce la fotocoagulazione laser?
La fotocoagulazione laser sfrutta il calore di una luce laser per bruciare i neovasi. L’energia laser è trasformata in energia termica con conseguente distruzione del tessuto patologico e retinico.

3. In quali casi è indicata la fotocoagulazione laser?
Può essere applicata solo per le lesioni lontane dal centro della retina (extrafoveali). Inoltre dopo il trattamento laser le recidive sono frequenti (50%) e tendono ad invadere la zona centrale. Purtroppo le lesioni che interessano il centro della retina (subfoveali) sono le più frequenti.

4. Cos’è la terapia fotodinamica (PDT)?
La terapia fotodinamica permette di trattare le lesioni subfoveali e prevede l'iniezione endovenosa di una sostanza fotosensibile (ossia sensibile alla luce, la verteporfina) in grado di concentrarsi esclusivamente all'interno dei vasi sanguigni anomali da trattare. L'occhio del paziente viene poi illuminato da una luce fredda che, attivando la sostanza fotosensibile, provoca la chiusura dei neovasi senza deteriorare gli altri tessuti sani.

5. Quante volte va effettuata la terapia fotodinamica (PDT)? E' definitiva o bisogna ripeterla ogni tanto? In questo caso ogni quanto?
Non è possibile stabilire a priori quante volte la terapia deve essere ripetuta. I risultati degli studi e l’esperienza dimostrano che per nella degenerazione maculare senile mediamente il trattamento deve essere effettuato 3/4 volte durante il primo anno e circa 2 volte nel secondo anno. Una frequenza di trattamento di poco inferiore è necessaria nella miopia patologica. In molti casi la terapia fotodinamica blocca la progressione di questa patologia.

6. La terapia fotodinamica (PDT) mi farà guarire (recuperare la vista)?
In qualche caso, quando la diagnosi della malattia è estremamente precoce ed in particolare ciò è più comune nella forma miopica. Nelle forme miopiche, quando accade, il recupero visivo si manifesta, in genere dopo il primo o il secondo trattamento. Nella forma senile il recupero visivo è più raro.

7. Come agiscono i farmaci antiangiogenici?
I farmaci antiangiogenici agiscono inibendo l’attività di un fattore di crescita (VEGF) che rappresenta lo stimolo più importante alla crescita neovascolare.

8. Cos’è il ranibizumab (Lucentis®)?
Il Lucentis® è un farmaco costituito da un frammento di anticorpo umano che lega il VEGF. Agisce inibendo la formazione di neovasi, tipici della forma neovascolare dell’AMD.

9. La terapia con ranibizumab (Lucentis®) è efficace? Come sono i risultati?
Ranibizumab ha dimostrato essere efficace nel mantenere la visione nel 95% dei trattati e di addirittura migliorare di 3 o più linee l’acuità visiva in circa il 34-40%.

10. Com’è somministrato il ranibizumab (Lucentis®)?
Il Lucentis® è somministrato sottoforma di iniezione intraoculare. Solitamente si inietta una volta al mese ma degli studi sono in atto per cercare di estendere il periodo tra le somministrazioni a seconda della risposta del paziente. Dapprima il suo oculista le sterilizzerà l’occhio da iniettare, poi sentirà una breve pressione ed una piccola puntura. A questo punto il farmaco verrà iniettato all’interno dell’occhio . Generalmente le iniezioni intravitreali sono ben tollerate.

11. Cosa devo evitare quando sono in trattamento con ranibizumab (Lucentis®)?
Non ci sono limitazioni di cibi, bevande o attività, a meno che il suo oculista non le abbia detto altrimenti.

12. Quali sono i possibili effetti collaterali da ranibizumab (Lucentis®)?
Gli effetti indesiderati più comuni sono problemi lievi all’occhio dovuti all’iniezione stessa più che al farmaco. Per questo è importante che l’iniezione sia effettuata in un ambiente asettico e controllato. Gli effetti collaterali gravi, che possono essere associati a perdita visiva, hanno invece un’incidenza bassa.

13. Cos’è il bevacizumab (Avastin®)?
Il bevacizumab è un anticorpo monoclonale murino umanizzato diretto contro il VEGF-A umano. Presenta analogie con il ranibizumab, sebbene sia il processo di produzione che il peso molecolare differiscano. È stato approvato dell’FDA per il trattamento del cancro del colon metastatico nel 2004, il suo utilizzo intravitreale nell’AMD è quindi off-label. Al momento i risultati disponibili sull’efficacia del farmaco si basano su osservazioni anedottiche e su dati preliminari di studi dalla limitata numerosità. In generale, i risultati sembrano essere positivi.